Difficile restare indifferenti di fronte alle Nothing Headphone (1). La struttura trasparente, ormai marchio di fabbrica del brand, gioca con le forme: stondate sui cuscinetti in memory foam, squadrate sui padiglioni, con dei rinforzi in alluminio nei punti chiave, mentre la plastica stampata contribuisce alla leggerezza.
A proposito di peso, quello delle Headphone (1) si ferma a 330 grammi. Un valore nella media, ma non tra i più leggeri della categoria (le WH-1000XM6, per esempio, pesano appena 250 grammi).
Sia chiaro: ciò che vediamo attraverso le trasparenze delle cuffie è puramente estetico: non ci sono particolari componenti a vista; i colori e le forme sono solo la “firma” dei Nothing, che ben si abbina anche a quella dei suoi smartphone, tra i quali il nuovo Phone (3).
Anche i comandi fisici fanno la loro parte nel dare carattere al prodotto. Il roller per il volume, la levetta per il controllo dei brani e il pulsante multifunzione sono integrati nel padiglione di destra; solo il pulsante di accoppiamento Bluetooth è stato nascosto verso l’interno. Una scelta insomma che rinuncia alle gesture touch in favore di una risposta più diretta e riconoscibile al tatto, cosa che molti utenti apprezzeranno.
Chiudono il quadro dei pulsanti una levetta per accensione/spegnimento, a fianco della quale troviamo una porta USB-C e il jack audio. Tutto sulla cuffia di destra, con buona pace dei mancini.
Nothing promette anche una buona resistenza nel tempo: oltre 50 test di affidabilità, certificazione IP52 contro polvere e schizzi, e materiali progettati per sopportare l’uso quotidiano senza perdere forma o funzionalità. Su carta, sono una cuffie costruite per durare. Purtroppo questa cose sono impossibili da testare davvero nelle poche settimane di recensione: ci vogliono mesi e mesi per capire davvero la tenuta di un prodotto del genere.
A questo proposito, segnaliamo che i cuscinetti non sono removibili, quantomeno non dagli acquirenti delle Headphone (1), ma Nothing promette di supportare con il proprio servizio assistenza tutti i clienti che ne avessero bisogno.
In confezione, oltre alla custodia con apertura a zip, troviamo due cavi: uno USB-C per la ricarica e l’altro per l’audio, come potete vedere dalla foto qui sopra.
Le Headphone (1) non si limitano a far girare la testa, sono anche piacevoli da indossare.
Il peso è ben distribuito, grazie a un archetto regolabile fluido e ai padiglioni che avvolgono le orecchie senza schiacciarle. Il rivestimento in pelle sintetica resistente a oli e trucco aiuta a mantenerle pulite e comode, e rispetto ad altri concorrenti dobbiamo dire che le abbiamo viste sporcarsi di meno con l’uso.
I cuscinetti sono in memory foam, quindi si adattano bene al contorno dell’orecchio e isolano in modo naturale, senza bisogno di stringere troppo. Al netto del peso che potrebbe essere appunto più leggero, e magari dopo qualche ora può farsi sentire, la vestibilità è davvero buona. Forse sono giusto un pelo piccoli gli incavi all’interno dei cuscinetti: chi avesse le orecchie “un po’ a sventola” potrebbe non gradire.
Nothing ha optato per comandi fisici, al posto di quelli touch, una scelta spesso vincente. Oltre all’immancabile pulsante di accensione, ce n’è uno dedicato all’accoppiamento Bluetooth, nascosto nella parte interna della cuffia destra (del resto è facilmente il tasto meno usato di tutti).
Ma dove le Headphone (1) si distinguono maggiormente dalla concorrenza è nei 3 tasti seguenti:
Rotella: si ruota per regolare il volume, si clicca per play/pausa e si tiene premuto per attivare o meno le 3 modalità di controllo del rumore.
Paddle: si spinge avanti o indietro per cambiare traccia / rispondere o riattaccare alle chiamate, o si tiene premuto per uno scorrimento veloce del brano (laddove supportato dall’app in uso).
Pulsante (personalizzabile): serve per l’assistente vocale o, sui dispositivi Nothing, per passare al volo tra le app audio preferite.
Il feeling di questi controlli è molto buono: precisi e affidabili, con il piacevole feedback audio della rotellina alla regolazione del volume. Forse ci sarebbe piaciuto un modo per cambiare modalità ANC senza dover tenere premuto un tasto, con un semplice clic, giusto per una maggiore immediatezza.
L’audio delle Headphone (1) è stato ottimizzato in collaborazione con KEF, un marchio britannico specializzato in diffusori acustici di alta qualità. È un po’ un bollino aggiuntivo, sulla carta, per testimoniare la qualità audio di queste cuffie.
Le Headphone (1) utilizzano un driver da 40 mm progettato su misura, con diaframma in nickel e sospensione ad alta linearità, con una risposta in frequenza variabile tra 20 Hz e 40 kHz, quindi piuttosto standard.
L’impronta sonora predefinita manca un po’ di corpo, soprattutto sulle basse frequenze. Probabilmente non a caso c’è proprio una funzione, separata dall’equalizzatore, per esaltarle dinamicamente, come vedremo nella sezione dedicata all’app.
Proprio con l’equalizzatore è facile personalizzare a proprio gusto la resa sonora delle Headphone (1), ma il tentativo di esaltare le basse frequenze potrebbe portare a un po’ di sovrapposizioni con le medie. Insomma, non si possono trasformare pere in mele e il senso è che bisogna “accontentarsi” di una resa naturale ma un po’ piatta rispetto ai concorrenti più blasonati.
C’è anche una funzione di spazializzazione che trasforma l’audio stereo in un effetto surround, con head tracking per mantenere il centro del suono fisso davanti a noi, anche mentre ci muoviamo. Una trovata interessante che funziona bene in alcuni film e videogiochi, anche se non raggiunge la tridimensionalità di sistemi più evoluti come quelli di Apple o Sony.
Le Headphone (1) hanno in tutto 6 microfoni, e vengono tutti utilizzati per la cancellazione del rumore, che regola la soppressione ogni 600 millisecondi e rileva le perdite di rumore tra il padiglione auricolare e il canale uditivo ogni 1,8 secondi.
Al netto di questi numeri, utili magari per un confronto con la concorrenza, si tratta di una buona cancellazione del rumore, stabile e naturale, senza creare quella fastidiosa sensazione di pressione (tipica, per la verità, dei modelli di qualche anno fa). È la migliore cancellazione del rumore sulla piazza? No, ma si difende bene, accusando di più il colpo con i rumori improvvisi e le frequenze più basse.
La modalità trasparenza e le chiamate vocali usano invece solo 4 microfoni (ovvero, 2 microfoni, uno rivolto verso l’esterno e uno verso l’interno, sono esclusivi per la cancellazione attiva del rumore), che utilizzano il beamforming per catturare la voce dell’utente e la riduzione del rumore guidata dall’intelligenza artificiale per ridurre al minimo il rumore di fondo e il vento durante le chiamate e le interazioni vocali.
Anche qui il risultato è buono, ma non da primo della classe. La modalità trasparenza non è regolabile di intensità in alcun modo (diciamo che è su un livello medio, senza eccedere troppo nell’esaltare gli alti) e la voce in chiamata a volte può risultare un minimo poco naturale. Stiamo spaccando un po’ il capello perché Nothing competono in un mercato di alto livello, quindi in un certo senso è un complimento.
L’app Nothing X, compatibile con Android e iOS (gli screenshot qui sotto sono un po’ un misto) si presenta bene su entrambi i sistemi operativi, con una grafica praticamente identica.
La prima cosa che possiamo fare è gestire la cancellazione del rumore:
chiuso
trasparenza (senza alcuna regolazione)
ANC: basso, medio, alto o adattivo
Poi abbiamo le opzioni per l’audio spaziale, che può essere fissato, oppure può adattarsi tracciando il movimento del nostro volto. La sua attivazione però disabilita il miglioramento dei bassi e l’equalizzatore avanzato, quindi vale la pena usarlo solo in determinate situazioni.
Subito sotto abbiamo appunto il “bass enhance“, regolabile su 5 livelli (o disattivabile) e l’equalizzatore.
Quest’ultimo è il fiore all’occhiello dell’app Nothing ed è uno dei più completi che ci siano in circolazione. Abbiamo una versione semplice, con alcuni preset:
bilanciato
più bassi
più acuti
voce
E in più la possibilità di personalizzare il tutto, regolando alti, medi e bassi su una scala compresa tra -6 e +6.
Per gli utenti più smaliziati c’è la versione avanzata: un equalizzatore a 8 bande personalizzabile come pochi, con la possibilità poi di salvare quanti profili vogliamo, per poterli anche condividere (e importare) a piacimento. Una trovata curiosa, ma che ben si sposa con il senso di “comunità” che vuole creare Nothing.
Termina il tutto la possibilità di personalizzare alcuni pulsanti (pochi), per esempio quello per l’assistente vocale, o la pressione della rotella.
Nelle impostazioni possiamo scegliere se abilitare o meno la modalità a bassa latenza, il codec disponibile (AAC o LDAC), il rilevamento on-ear, e il multipoint. Infine c’è anche una funzione “finy my headphone” che fa emettere alle cuffie un suono un po’ stridulo, per ritrovarle facilmente se siamo nella stessa stanza.
Fin qui abbiamo descritto ciò che chiunque può fare con l’app Nothing X. Se però avete uno smartphone della stessa azienda potete usare anche Channel Hop, una funzione che permette di passare da un’app audio all’altra con la semplice pressione di un tasto sulle cuffie (quello fotografato qui sopra). Comoda, veloce e perfetta per chi ascolta musica, podcast e memo vocali a ripetizione, per esempio.
Ci sono anche altre funzioni “smart”, come il supporto al memo vocale rapido (Essential Space), attivabile con una lunga pressione del pulsante.
Entrambe queste funzioni debuttano su Phone (3) e solo in seguito saranno estese ad altri smartphone Nothing.
Per questi ultimi è comunque possibile avviare l’AI Assistant o il widget News Reporter, per ottenere risposte rapide o aggiornamenti vocali.
Tutte queste sono feature legate all’ecosistema Nothing e non disponibili altrove. Del resto ogni brand cerca di fidelizzare il cliente con trovate simili, anche se su un paio di cuffie un pochino stonano, perché piuttosto inusuali.
Le Nothing Headphone (1) hanno una buona autonomia, che brilla soprattutto in assenza di cancellazione del rumore.
Con ANC disattivo (e codec AAC in utilizzo) l’azienda dichiara 80 ore di autonomia, un dato sopra la media, anche se non è facile arrivarci.
Con ANC attivo scendiamo alle più “classiche” 35 ore, comunque sufficienti per coprire diversi giorni di utilizzo normale.
Usando LDAC (in pratica solo Android), le due autonomie calano a 54 e 30 ore rispettivamente.
È difficile fare un match preciso di questi dati, ma possiamo dire che in generale l’autonomia delle Headphone (1) non ci ha affatto deluso e che alternando l’uso di cancellazione on/off si arriva tranquillamente a superare la settimana di utilizzo.
Se serve una ricarica al volo, bastano 5 minuti via USB-C per ottenere oltre due ore di ascolto con ANC attivo (oltre 5 con ANC disattivo). La ricarica completa richiede circa due ore, che è uno standard accettabile considerando la capienza della batteria.
Connettività
Sul fronte connettività abbiamo il Bluetooth 5.3, con supporto appunto a LDAC per audio hi-res wireless, jack da 3,5 mm e anche riproduzione audio via USB-C, comoda per chi usa dispositivi moderni senza uscita analogica.
Le cuffie possono essere collegate a due dispositivi in contemporanea, e il passaggio tra uno e l’altro è abbastanza veloce, anche se non il più veloce. Diciamo che l’attesa è nell’ordine dei 2-3 secondi dall’inizio della riproduzione per cambiare device.
Durante i test, nessuna disconnessione anomala o ritardo evidente. Presente anche una modalità a bassa latenza pensata soprattutto per i giochi: nella visione di film e serie TV l’eventuale ritardo non è apprezzabile tanto da essere fastidioso.
Le Nothing Headphone (1) saranno in vendita dal 15 luglio 2025, con preordini aperti a partire dal 4 luglio sul sito ufficiale nothing.tech e presso rivenditori selezionati. Il prezzo di listino è di 299 euro, ovviamente identico sia per la versione nera che per quella bianca.
Si tratta di un posizionamento aggressivo, come da tradizione dell’azienda. Un po’ come i suoi smartphone infatti, anche le Headphone (1) non puntano magari al trono di migliori cuffie Bluetooth in assoluto, ma riescono bene in tutto, hanno carattere da vendere e un prezzo che per qualità è difficile battere.
Il principale avversario di Nothing Headphone (1) infatti sono le “vecchie” Sony WH-1000XM5, il validissimo modello precedente alle recenti Mark 6, che nel momento in cui stiamo scrivendo è rincarato a 329 euro, ma che nell’ultimo anno ha oscillato tra i 280 e i 300 euro, una cifra alla quale non è facile resisterli. Magari, tra qualche tempo, lo street price avrà fatto sentire il suo influsso anche sulle Nothing, e allora sarà un’altra storia.
Se vi interessa però un confronto più serrato tra Nothing Headphone (1), Sony WH-1000XM6, Sonos Ace e Dyson OnTrac, dovete per forza guardare il video di apertura.
Il sample per questa recensione è stato fornito da Nothing, che non ha avuto un’anteprima di questo contenuto e non ha fornito alcun tipo di compenso monetario. Qui trovate maggiori informazioni su come testiamo e recensiamo dispositivi su SmartWorld.
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