Il problema dei tablet Android…

Pochi giorni fa, Marques Brownlee, uno dei più noti youtuber tech al mondo, ha pubblicato un video intitolato “The Android Tablet Problem“. Secondo MKBHD, questi dispositivi rappresentano un compromesso poco riuscito tra smartphone e PC portatili, tanto che poche persone ne hanno realmente bisogno. Ma siamo davvero sicuri che sia questo il vero problema?

In questo articolo, che riprende il video appena pubblicato sul nostro canale YouTube (che trovate qui sopra), proveremo a smontare alcune delle affermazioni di Brownlee, analizzando dati di mercato, confrontando l’offerta Android con quella di Apple e cercando di capire perché milioni e milioni di persone continuano a comprare tablet nel 2025.

Il mercato tablet è in forma smagliante. Nel 2024 c’è stata una crescita significativa rispetto al 2023, con quasi 150 milioni di unità spedite e il primo trimestre del 2025 conferma questo trend, con un aumento delle spedizioni pari all’8,5% su base annua, secondo gli ultimi dati Canalys.

È vero che Apple continua a dominare, con circa il 37% di market share, ma per quanti tablet Windows possano esserci, è facile immaginare che il grosso della fetta restante sia occupata da dispositivi Android.

Questo significa che, pur senza un brand dominante come nel caso di iPad, il sistema Android è la scelta di riferimento per la maggioranza degli utenti che cercano un tablet.

Probabilmente molti di questi saranno modelli economici, senza particolari pretesi, ma anche la line-up iPad ha prezzi che variano di un ordine di grandezza tra i modelli base a i Pro.

Attenzione: non voglio sminuire il ruolo di iPad, che nel corso degli anni è diventato lo standard di riferimento. Apple ha costruito attorno al suo dispositivo un ecosistema solido e coerente, come del resto su iPhone, con un’integrazione software-hardware che molti brand Android faticano a replicare. Il risultato è che l’iPad, anche nella percezione comune, è spesso visto come il tablet per eccellenza.

Nel mondo Android, al contrario, non esiste un unico marchio capace di imporsi come alternativa dominante e l’assenza di questo “status iconico”, unita al fatto che, probabilmente, il mercato tablet è in generale più “di nicchia”, incide sulla percezione del valore dei tablet Android agli occhi del pubblico. Però i numeri dipingono comunque un’altra cosa.

Se c’è un punto su cui Marques Brownlee ha pienamente ragione, pur non insistendoci nemmeno troppo, è quello legato alle applicazioni poco ottimizzate.

La maggior parte delle app per tablet Android (ma anche molte per iPad!) sono poco più che una versione ingrandita di quelle per smartphone, senza alcun adattamento reale al form factor più ampio. Ma per quanti utenti è davvero un problema?

In molti in un tablet cercano proprio questo: lo spazio che su smartphone non hanno e magari una maggiore autonomia per godere più a lungo di film e giochi.

Diverso è il discorso per gli utenti “pro”, quelli che non vogliono versioni castrate di Photoshop, ma che hanno bisogno di usare in mobilità gli stessi identici software che sono presenti su macOS e Windows. Ma quanti saranno questi utenti tra tutti quei 150 milioni?

Si tratta di due esigenze diverse: da una parte lo svago, dall’altra la produttività. E non tutti hanno bisogno di chissà quali “softwareoni” per riuscirci

Per l’utente medio, che naviga, guarda video, prende appunti o gioca, le app disponibili sono più che sufficienti. Anzi, molti tablet, con il loro schermo touch e magari con uno stylus, sono più comodi di tanti PC portatili più potenti e più “professionali”.

E sia chiaro che usare un tablet anche solo e soltanto per svago non lo squalifica affatto e non significa che sarebbe meglio acquistare qualcos’altro. Del resto se decine di milioni di persone continuano a sceglierli, una ragione ce l’avranno, no?

Ma quindi esiste o meno un “problema dei tablet Android“? È l’hardware? No, perché molti modelli offrono specifiche eccellenti. È il mercato? Nemmeno, perché i numeri sono in crescita. È l’esperienza d’uso? In parte sì, ma non nel senso in cui viene spesso raccontata.

Apple potrebbe decidere, da un giorno all’altro, di far funzionare le app per macOS anche su iPadOS: la piattaforma hardware, non ci sono problemi di porting e incompatibilità. Del resto sono anni che gli iPad Pro vengono accostati ai MacBook e allora perché non lasciare che sia l’utente a scegliere non tanto il software, quanto l’esperienza d’uso che vuole? Ci arriveremo, prima o poi.

Il vero limite dei tablet Android quindi non è uno solo, ma una somma di fattori: assenza di un ecosistema coerente (anche per colpa di Google che si ricorda dei tablet solo a sprazzi – del resto ne ha fatto solo uno!), scarsa ottimizzazione delle app, e frammentazione dell’offerta, che impedisce ai brand di costruire una narrazione forte e riconoscibile, come invece ha fatto Apple con iPad.

E tutto questo non cambierà nel futuro. Un tablet Android rimarrà sempre solo un tablet Android. Apple dà innegabilmente più fiducia, anche nel lungo periodo.

Eppure, al netto di tutto questo, i tablet Android continuano ad avere un ruolo nel mercato, perché rispondono a bisogni popolari (non di nicchia): svago, produttività leggera, portabilità, condivisione e flessibilità. Non saranno dispositivi universali, che chiunque deve avere, ma sono estremamente versatili e adattabili a molti contesti.

Per questo, più che un “problema”, i tablet Android sembrano vittime di una narrazione sbagliata. In realtà, forse basterebbe cambiare punto di vista per capire che non sono di nicchia: sono solo utili in quel che fanno, senza alcuna pretesa di essere qualcos’altro.

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